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Articolo 88:   Aristide Gentiloni Silverj

   ARISTIDE  GENTILONI SILVERJ: Un Vero Nobile.

   Di solito i nobili non combinano nulla di buono durante la loro vita, per fortuna ogni tanto ci sono delle eccezioni e una di queste sicuramente è il conte Aristide Gentiloni Silverj.

   Nobiltà significa eccellenza, dignità, superiorità morale e intellettuale:  nei pensieri, nelle azioni e nell’animo.

   Il conte Aristide Gentiloni Silverj era tutto questo ed anche di più.

   Era nato ad Arsoli, il famoso paesino laziale chiamato da Pirandello “La piccola Parigi”, nel 1844 da antica famiglia originaria di Filottrano ma si stabilì a Tolentino a seguito di matrimonio.

   Nel comune maceratese da subito affiancò alle occupazioni nel settore agrario gli studi relativi all’ambito storico artistico. Si dedicò a partire dall’anno 1879 agli studi archeologici e da subito fu aiutato e sostenuto, come risulta dai carteggi d’archivio, dai più eminenti studiosi del tempo con i quali intrattenne una continua corrispondenza scientifica, in molti casi anche di amicizia.

   Nel campo storico, araldico, archeologico e numismatico, per le speciali competenze dimostrate, ebbe lusinghiere nomine ed incarichi: Socio corrispondente dell’Imperiale Istituto Archeologico Germanico dal 1880, della Società Numismatica Italiana di Milano dal  1906, Commissario della Commissione conservatrice dei monumenti per la provincia di Macerata dal 1887. In particolare fu onorato della nomina a Regio Ispettore degli scavi e monumenti per la provincia di Macerata dal 1880, questo incarico gli permise di intraprendere interventi di salvaguardia nel territorio di competenza e lo inserì a pieno titolo nel panorama culturale dell’ottocento marchigiano, tra quanti si prodigarono per la conoscenza e la conservazione del patrimonio marchigiano.

In particolar modo, appassionato studioso di archeologia e storia, conseguì brillanti risultati nella ricerca archeologica ed epigrafica a seguito degli scavi da lui condotti a Tolentino con metodo scientifico e precisione inusuale per quei tempi.

   Delle necropoli Bura, Settedolori, Benaducci, S. Egidio, Rotondo-Casone, Salcito, ma anche di altre tombe, ci ha lasciato descrizioni e disegni meticolosi. I suoi famosi documenti autografi (in particolare “Diario di Scavo”  e “Notizie degli scavi”) meriterebbero, per la gioia di tutti gli appassionati, una ristampa.

   Si interessò anche della tomba del nobile guerriero celtico rinvenuta casualmente a S. Ginesio,  ne descrisse, con estrema precisione,  il contenuto e lo salvò da sicura distruzione. Gli sciagurati  ginesini infatti, prima del suo intervento, avevano già distrutto alcuni preziosi reperti ed altri li avevano fusi per ottenere metallo prezioso.

   A Tolentino molti dei reperti recuperati sono celtici anche se, almeno sembra, non sono stati mai catalogati con questo termine. Grazie però alle precise descrizioni fatte dal conte Aristide Gentiloni Silverj  oggi è facile identificarli.

   Tenuto conto della grande quantità di reperti antichi ritrovati il Conte capì subito che localmente era necessario un museo per conservarli e si prodigò per la creazione di una  esposizione permanente.             Riuscì nel suo intento nel settembre del 1882 e fu da subito  nominato Direttore del Museo Civico Archeologico di Tolentino, carica che mantenne fino al 1937, anno della sua scomparsa.

Oggi il Museo, che porta il nome “Aristide Gentiloni Silverj, è fruibile nel Castello della Rancia e bisogna dirlo: una sistemazione migliore non poteva essere trovata.

   Quando si entra nel Museo di Tolentino per osservare i reperti archeologici, bisogna sempre ricordare e ringraziare un vero gentiluomo: Aristide Gentiloni Silverj.

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