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Articolo 75:    Strane usanze sibilline

   Una volta la quaresima era un periodo tranquillo destinato al riposo dopo le fatiche carnevalesche.           Adesso invece, dato che si balla tutto l’anno, è l’occasione per ripensare a quello che si faceva negli anni  passati e che ora non si fa più.

   In particolare tornano alla mente due strane usanze sibilline oramai perdute nella confusione della cosiddetta modernità. Esse in dialetto si chiamavano “lu somaru” e “lo cchiappà”.

  • “Lu somaru”, che in italiano è il somaro cioè l’asino,  appariva improvvisamente durante le feste da ballo. Era un animale finto fatto da due uomini chinati a forma di asino e nascosti da una copertaccia sfilacciata. L’asino occupava il centro della stanza e attirava l’attenzione di tutti i presenti, specialmente dei bambini. Qualcuno provava a montarlo ma finiva sempre per terra perché l’animale scalciava e non si lasciava cavalcare. Dopo un po’ di tempo come era arrivato l’asino finto se ne andava lasciando i presenti increduli ma contenti di aver fatto quell’incontro. Tutti si chiedevano chi potessero essere gli autori di quel mascheramento ma la domanda restava sempre senza risposta. Le danze ricominciavano ma sempre dopo un bel rinfresco (il vino cotto e il ciambellone non mancavano mai).

  • “Lo cchiappà” , che in italiano si potrebbe tradurre con  “l’acchiappare” , consisteva in un piano, studiato da diverse persone, che  aveva lo scopo di catturare un contadino. In campagna, durante il periodo di carnevale, si stava sempre all’erta perché in ogni momento c’era il rischio di essere acchiappati. Le persone quando avevano il sentore del pericolo si nascondevano nei luoghi più disparati: nei boschi, nelle grotte ed addirittura sopra gli alberi. A volte per procedere alla cattura dei poveri sventurati le piante sono state segate. Essere acchiappati era una cosa brutta perché poi per tutto l’anno si sarebbe parlato di quello ed anche perché la moglie del catturato aveva l’obbligo di fornire alla banda un abbondante rinfresco con i prodotti presenti al momento nella casa: salumi, dolci, formaggio, pane fresco cotto al forno a legna, vino cotto, ecc.

   La persona catturata veniva legata, trasportata a casa su una specie di barella e lì doveva assistere alla depredazione del suo magazzino e della sua cantina. Comunque c’era una regola che anche gli aggressori dovevano rispettare: si poteva mangiare qualsiasi cosa ma non si poteva rubare.

   “Lo cchiappà” di solito finiva con grandi sbornie e quando tutti i componenti della banda si appisolavano la moglie del malcapitato provvedeva a liberarlo e a rimproverarlo per essersi fatto catturare.

   Queste strane usanze, purtroppo, sono scomparse senza capirne il vero significato. Coloro che ancora le raccontano, fra poco, verranno a mancare e non ci sarà più nessuno che le tramanderanno.

   Che tristezza!!

   Però, una cosa bisogna dirla: Quanto era bella la vita quando le persone si divertivano con così poco.

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