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   “Le Fate sibilline sono donne celtiche”. Coloro che una quindicina di anni fa fecero questa affermazione furono presi per matti. Eppure era tutto vero.

   Le Fate sibilline sono donne celtiche, al pari delle anguanes alpine, donne vere in carne ed ossa. Belle e affascinanti, depositarie di conoscenze superiori e sessualmente disinibite.

   Giunsero sui Monti Sibillini dopo la battaglia del Sentino (295 a.C) allorquando i loro guerrieri furono in gran parte uccisi. Lassù organizzarono una società superiore, senza preti e senza guerrieri, con le regole comuniste assorbite dalle attuali Comunanze Agrarie e spesso scendevano a valle per ballare e per fare qualcos’altro con i giovani locali.

   Portarono sulle zone sibilline le feste celtiche in particolare “Beltaine” (l’attuale Calendimaggio), la festa in cui l’accoppiamento era obbligatorio e “Samain” oggi  snaturata in Halloween. Dalla festa di Beltaine proviene il detto popolare dal chiaro riferimento sessuale  “Do’ vai a piantà Maggiu?”

   Le Fate erano molto ospitali e gran parte delle persone che andavano a trovarle nella loro comunità  si fermavano a vivere con loro.

   Fecero arrivare in questi monti anche la loro originaria religiosità rappresentata dal famoso Dio con le corna Cernunnos. Le sembianze di questo Dio caprino sono tuttora presenti nella cripta della chiesa di San Lorenzo a Montemonaco.

   Il detto popolare “Belle come le Fate ma con le zampe come le capre” è la demonizzazione cattolica di queste splendide fanciulle.

   Le Fate neanche sotto tortura rinunciarono al loro Dio e se fossero applicate loro le regole cristiane dovrebbero essere dichiarate tutte sante.

   All’avvento del Cristianesimo anche la Sibilla appenninica fu perseguitata e fu costretta a rifugiarsi sui monti. Questa circostanza è attestata dalla presenza sul monte Sibilla di una grotta che si chiama proprio “Grotta delle Fate e della Sibilla”.

   La Sibilla sui monti visse con queste tribù, assimilò le loro usanze, sicuramente assaporò le piacevoli attività sessuali a lei precedentemente vietate dall’assurda verginità pretesa dai sacerdoti ed, addirittura, divenne “La Regina delle Fate”.

   Per questa amicizia con le Fate la Sibilla dovette subire vari affronti.

   Nel 1600 tutte le Sibille furono fatte proprie dal Cristianesimo e vennero dipinte all’interno delle chiese sibilline, a fianco dei profeti, per annunciare la venuta di Gesù. Tutte meno la Sibilla Appenninica. Per farla sparire è stato falsificato  anche “Il Guerrin Meschino” (nell’opera il termine “sibilla” è stato cancellato oltre 50 volte) ma l’operazione non ha avuto successo perché i falsificatori sono stati scoperti.

   Oggi questa profetessa, sapientissima,  rinasce a nuova vita nel “Museo della Sibilla”  aperto di recente a Montemonaco.

Articolo 59 - La Sibilla e le Fate sibilline: Ora è tutto chiaro

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