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Articolo 37 - L'Acerba di Cecco d'Ascoli

Se oggi disponiamo di un’opera letteraria veramente eccezionale lo dobbiamo a persone buone e comprensive (in dialetto sibillino “la jende vòna”) che ogni tanto si incontrano per il Mondo. Il riferimento è ai carcerieri di Cecco d’Ascoli che a Firenze, durante la detenzione, gli procurarono il materiale per scrivere e gli permisero di trasferire all’esterno, in luoghi sicuri, tutti gli elaborati, nonostante che gli ordini superiori fossero di ben altro tenore.

L’Acerba, questo è il titolo dell’opera di Francesco Stabili, soprannominato e meglio conosciuto come Cecco d’Ascoli e definito dal Petrarca “il grande ascolan che tutto il Mondo alluma”.

L’opera, purtroppo, a causa della condanna al rogo eseguita nel 1327 con molta sollecitudine, è rimasta incompiuta ma, nonostante tutto, risulta molto sostanziosa. In pratica può essere considerata una vera e propria enciclopedia che riporta tutte le conoscenze dell’epoca o meglio tutte le conoscenze del grande ascolano.

Le tantissime edizioni dell’Acerba, antiche e moderne, sono presenti nelle più importanti biblioteche italiane e sono sparse, nei luoghi più impensati, anche per tutta l’Europa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’opera è suddivisa in cinque libri. Il primo diviso in IX capitoli descrive l’ordine dei cieli, i pianeti, le stelle, l’eclissi, le comete, le nubi, i tuoni, l’arcobaleno, ecc. Il secondo diviso in XIX capitoli parla della nascita dell’uomo, dell’influenza dei cieli e delle virtù in generale (giustizia, fortezza, prudenza, umiltà, castità, nobiltà, avarizia, superbia, lussuria, ecc.). Il terzo, diviso in XVIII capitoli, elabora il sentimento della vita naturale e di quello spirituale, elenca i simboli degli animali acquatici, di quelli velenosi, dei quadrupedi feroci e di quelli mansueti, descrive le virtù delle pietre e di altre formazioni naturali, ecc. Il IV libro enumera una serie di questioni relative alla luce, agli astri, alla luna, all’ombra, alla fisiologia ed alla psicologia, alla moralità, alla felicità, ecc. Il V libro è solo un frammento relativo alla mortalità del mondo materiale.

Solo un uomo di grande cultura (medico, astronomo, ricercatore, alchimista, professore universitario, scrittore, ecc.) come Cecco d’Ascoli poteva scrivere un’opera simile caratterizzandola con la famosa frase, rivolta a Dante, “Qui non se canta a modo de le rane”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A maggior merito del grande Cecco bisogna tener presente che quando Lui scriveva “L’Acerba” quasi tutta la popolazione era analfabeta ed ignorante.

 

 

 

 

 

IL CLERO HA MANDATO AL ROGO CECCO D'ASCOLI E HA FATTO DI TUTTO

PER DEMONIZZARE QUESTO GRANDE PERSONAGGIO.

Solo menti clericali potevano pensare ad una vignetta simile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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