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Articolo 11 - Due strane Sibille

Parlare di Sibille nel III millennio potrebbe sembrare anacronistico ed inutile ed invece non è così perché la storia sibillina è legata alla loro presenza. Ancora oggi non sappiamo se la Sibilla Appenninica era una persona fisica specifica o un professione esercitata, in tempi diversi, da più persone. Una cosa è certa e riguarda l’esistenza, nelle zone sibilline, di due strane Sibille oltre, naturalmente,  alla più famosa Sibilla Appenninica.

Una è la “Sibilla chimica” presente nei dipinti del santuario dell’Ambro a Montefortino e l’altra è la Sibilla Porrina le cui caratteristiche sono state prese da S. Rita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                      Sibilla Chimica

                                  

 

La prima è quella sapientissima donna che si dedicava all’alchimia, l’odierna chimica, e alla preparazione dei vari intrugli e delle varie misture fatte utilizzando le erbe trovate, il vino cotto ed il mistrà. Sicuramente è opera sua tutta la medicina popolare che tuttora viene tramandata e anche la formula segreta del pregevole “Amaro Sibilla”. Se nel 1600, all’Ambro, hanno deciso di mettere la sua immagine insieme a quelle delle altre Sibille classiche vuol dire che questa era veramente importante e ciò è confermato dal ritrovamento, a Montemonaco, di un vecchio documento relativo a delle persone processate (poi assolte) per aver dato ospitalità agli alchimisti.

Sui Monti Sibillini, nelle epoche passate, si sono fatti esperimenti di tutti i tipi e ciò è stato possibile perché lassù vi era una comunità che aveva conoscenze superiori e attirava i ricercatori: era la comunità della Sibilla, la regina del popolo delle Fate. Una comunità, come diceva la scrittrice Joyce Lussu, senza preti e senza guerrieri, dove il rispetto per la dignità delle donne non veniva messo in discussione da nessuno. Quando il Guerrin Meschino ci ha provato la Sibilla lo ha apostrofato con la famosa frase “Via da questa comunità falso cristiano”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

         Stemma del Comune di Cascia

                              Dea con i serpenti

 

L’altra, come già detto, è la Sibilla Porrina che ha dato il nome alla Rocca di Cascia, Rocca Porena appunto. Questa Sibilla, che si può ancora osservare nello stemma del Comune di Cascia, è veramente strana perchè tiene in mano un serpente, simbolo di fecondità, rinascita e immortalità. Il serpente è un indizio molto importante perché si ricollega alla Dea Serpente, alla trasformazione in serpi delle Fate e della Sibilla descritta nel romanzo di Andrea da Barberino “Il Guerrin Meschino” ed è l’ennesima riconferma della demonizzazione cristiana dei culti pagani preesistenti sull’Appennino (Che strano? Pure questo è un termine celtico, viene da “pen” che significa altura).

Anche Cernunnos, il Dio con le corna, la divinità del popolo delle Fate, teneva in mano un serpente e lo nutriva amorevolmente. Che strane coincidenze?

Ci sarebbe anche una terza Sibilla, la Cimaria che ha dato il nome ad una valle della provincia di Macerata (Valcimarra di Caldarola). Questa donna è ancora più strana perché di lei non si sa nulla.

Qui è tutto strano ed anch’io mi sono stranito. Chiudo qui, anche perché il bicchierino di “Amaro Sibilla” che prima era pieno, poi mezzo pieno, poi mezzo vuoto, ora è vuoto. Ciao, a presto.

                     Cernunnos con il serpente

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